La pietra è il simbolo del sempre, dell'antico: l'atavico materiale a cui e con cui l'uomo aveva trasmesso la sua primitiva forma d'arte, da cui si era fatto riparare e proteggere, con cui aveva forgiato le sue prime armi di caccia e di difesa. La roccia è simbolo di forza, anzianità, saggezza e caparbietà. E' uno di quegli appellativi che ci riempiono di orgoglio quando qualcuno ce li veste addosso. Il sasso è dolore, sofferenza, ferita e violenza. La sabbia è costruzione, preparazione, pulizia e fuga dalle cose. Lo scoglio è avversità, pericolo, vertigine e fatica da compiere mentre la montagna è salita, respiro, sudore ma in cima soddisfazione. La lava è paura, distruzione ma insieme fascino e mistero per una materia che fa della durezza la sua forza ma si trasforma in liquido rovente. Il ferro stesso è pietra, lo è anche il vetro come lo sono oro e argento. Il nostro corpo, figlio stesso delle fatiche, ci ricorda quando esageriamo che non siamo poi così forti e duri. Spesso produce lacrime intrise di sale o sudore mentre a volte, quando evidentemente non si piange abbastanza, costruisce piccoli cristalli appuntiti apposta per dire basta, per mettere un confine al tempo della fatica. E' il momento, questo, di riflettere, di convincerci che il dolore dei cristalli sta lì a ricordarci di avere più rispetto per noi stessi, di volerci più bene che intanto il tempo non si ferma.
Il dolore dei cristalli ti prende d'improvviso e non ha punti deboli. Non lo domi, non lo dormi, lo devi accontentare ed è il tuo padrone assoluto. Decide lui cosa fai, se fai e quando puoi farlo. Se lo combatti, il tuo corpo si ribella comunque e ti manda altri inquietanti segnali. Sei niente col dolore dei cristalli. E, anche se alla fine se ne andrà sotto forma di pietra sarà pronto a tornare un giorno all'improvviso quando avrai scalato l'ennesima montagna pensando di avere il mondo ai tuoi piedi.
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