"Corro e busso alla porta di un’isba. Entro. Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. Mnié klocetsia iestj, (Vorrei mangiare) dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d’ogni mia boccata. Spaziba, (grazie) dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. Pasausta, (Prego) mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra è venuta con me per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco."
Con queste parole Mario Rigoni Stern nel libro "Il Sergente nella neve" ferma il tempo. E lo ferma davvero, come lo ferma Ermanno Olmi nel film "Torneranno i prati" che racconta della tragedia nelle trincee della prima guerra mondiale, ventenni al gelo delle montagne che morivano come mosche, uccisi da cecchini che sparavano dalla trincea nemica distante poche centinaia di metri, forse decine. Un soldato napoletano esce fuori dal rifugio e incomincia a cantare e, invece della pallottola in fronte riceve l'applauso dei soldati austriaci che lo incitano a continuare perchè sentirlo cantare in quella situazione, anche se è un nemico, dà loro sollievo al cuore.
Queste due immagini distanti venticinque anni l'una dall'altra hanno in comune il senso atavico di pace nell'uomo. L'uomo non vuole la guerra e non vuole nemici. L'uomo è un animale ospitale e tranquillo. E allora? Cos'e' che ci porta a combattere sempre contro qualcosa o qualcuno? Cosa ci spinge all'odio perpetuo e alla voglia di sovrastare sempre e comunque il prossimo?
Proviamo a fermare il tempo, a non misurarlo continuamente con l'orologio del denaro e dell'avidità. La vita è un valore immenso già come avventura. Che bello se la facessimo bastare così e ne godessimo pienamente le immense risorse condividendola con un piatto fatto in casa o cantando una canzone, anche stonata.
Da ragazzina ho letto un libro che parlava di una, società futura fatta purtroppo come la mostra.., un uomo e una donna si risvegliano e fuggono... Lontano... Nella natura... Si intitolava "la vita è nostra". Ecco. I momenti che hai ricordato sono quelli divina vita nostra, vera, umile come terra, piena di calore umano. Ricordiamoci che la vita è nostra.