C'era una volta un luogo bellissimo ai margini della pianura che per arrivarci bisognava avere ali di pernice bianca dalle zampe di lepre, forti cavalli capaci di tirare carri pesanti o gambe nerborute con scarpe buone da arrampicarsi per boschi ricchi di larici e funghi o strade fitte di tornanti, sassi rossi e rocce carsiche. Antiche popolazioni erranti scandinave avevano eletto quei prati a loro dimora definitiva probabilmente perchè per clima e per vegetazione pareva di non essere mai partiti. Nei secoli poi sorsero diversi comuni come in una federazione rispettata e lasciata nell'indipendenza dalla Repubblica di Venezia a riconoscerne cultura e filosofia di vita degne di un'autogestione sicuramente più adeguata alle risorse e alla geologia di quell'ambiente. Nei primi del '900 venne costruita una ferrovia per consentire una più facile salita e rapida discesa a tutti nonchè un migliore scambio commerciale con la pianura. Questa ferrovia aveva una locomotiva a vapore che la gente del posto chiamava "mucca nera" e la si vedeva inerpicare per la montagna e giungere da distante anticipata da nuvole di sbuffi di fumo nero.
Per circa cinque decenni fu sinonimo di ritorni sofferti e tanto attesi dopo un eterno girovagare per il mondo in cerca di rare fortune, nostalgiche partenze nell'idea di trovare la tanto agognata "america" in qualunque parte del mondo fosse, dove rompersi le ossa nel fondo di una miniera per poi mandare a casa quattro spiccioli che lì, in tempi di magra potevano sembrare anche otto. Accolti in arrivi inattesi spesso da stazioni fredde, buie e deserte di affetti bisognava così ancora camminare per ore nella bufera prima di ritrovare la madre baita.
Fu pure specchio di partenze senza ritorno, per le guerre soprattutto verso la Seconda giacchè la Prima, detta "Grande" si svolse proprio lì, tra quelle montagne. Madri con forti braccia ma flebili di speranze allora si che affollavano la stazione principale brandendo fazzoletti e lacrime che filtrate dalle rocce carsiche sarebbero finite come gocce di pioggia fino in pianura purificandosi nel terreno.
Il treno fu poi dismesso quando i collegamenti su gomma furono migliorati.
Ancora oggi si può ascoltare la presenza della locomotiva che sbuffa e vederne il tragitto ora abbracciato nuovamente dalla natura e reso dall'uomo godibile percorso pedonale tra boschi e gallerie dove voci e pensieri di esuli tristi par quindi di percepirli nel loro logorante addio. L'eco di fischi e lo sferragliare aleggiano alternati dai colpi di cannone e gli spiriti dei soldati caduti sulle montagne incontrano quelli partiti col treno e mai tornati. Le bellissime stazioni del percorso restaurate e testimoni di tutto questo riconsegnano un vortice di vite transitate e il mistero del treno che passa una volta nella vita qui diventa storia realmente vissuta in un luogo bellissimo che ancora resta li.
Sembra di essere li.