Vorrei alzarmi la mattina, dopo essermi svegliato vivo, andare al lavoro su una strada sicura, meritare secondo l'impegno e la capacità profusi, rispetto al rischio corso e all'investimento applicato, mi piacerebbe guadagnare per poter vivere in rapporto alla mia posizione e alla mia cultura, pagare tasse chiare ed eque e vedere quel denaro migliorare l'ambiente dove vivo. Fare sana fatica e tornare a casa con lo sguardo che chi mi ama merita, raccontarsi così la giornata, accendere una TV maestra e dormire finalmente per stanchezza. Attendere stagioni, una dopo l'altra con il sole, la pioggia e la neve e il vento, il chiaro fino a tardi e il buio al pomeriggio presto non dovendo immaginare che tempo farà domani ma sapendo che se pioverà non sarà tragedia e che il sole non farà mai male. Passare nel letto una sana e riposante influenza. Insegnare un mestiere ai figli in bottega senza divieti, formalità e falsi sfruttamenti, vedere la gioia sana negli occhi di chi scopre qualcosa di non virtuale ma che si tocca in un trionfo di sensazioni che solo il tatto sa dare. Vorrei che tornasse ancora quell'attesa che apre all'emozione perché senza l'attesa nulla ha più valore. Mi piacerebbe sapere perchè questi ragazzi che sono così fondamentalmente tristi e scontenti, perché non trovano un motivo valido per vivere, un esempio da seguire che non sia il panorama effimero e consumistico. Mi chiedo perchè sembrano avulsi da ogni realtà quotidiana. Perché non notano, non leggono, non si interessano alla realtà che non sia la loro virtualità reale. Vorrei che si tornasse a quando non sfuggiva nulla in casa, dove ogni minimo cambiamento o spostamento lo si notava e vi si fantasticava attorno con ali dai colori strabilianti. Ecco, forse è assente quella fantasia, la fantasia della trasformazione, dell'aspettativa e dell'ansia, sorpresa del cambiamento. Il loro treno è senza finestrini come i merci che trasportavano i deportati. Ovunque vada poco importa, ma chi c'è alla guida? Chi è il macchinista? Siamo noi genitori o siamo falliti capistazione che non riescono né a fermare il treno né a salirci. Sarebbe bello insegnargli a girare la polenta nel paiolo o a fare le conserve affinché possano tramandare oltre alla cultura tecnologica anche quella dell'anima calda, del piacere di appartenere a una famiglia, a una comunita', a un quartiere, a un paese, a una citta', a una regione, a uno stato, a un continente, al mondo...a Dio.
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Conviene fregarlo il tempo, non dargli importanza e anche quando vorrebbe presentare il conto, dirgli di ripassare. Perciò siediti, rilassati e inizia a leggere.
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La sana voglia di essere stanchi... Di quella stanchezza che da grande ricordi come energia.... Tutto perduto. Facciamo qualcosa.