Ci sono veramente cose che noi umani non possiamo neppure immaginare ma il paradosso sta nel fatto che sono cose che facciamo proprio noi umani.
Della tragedia del Vajont ne ho spesso sentito parlare da bambino in casa dai miei genitori ma mai qualcuno mi aveva spiegato l'esatta dinamica di quei spaventosi fatti. Ci si limitava a nominarla ma di particolari non ne filtravano.
Quest'anno ricorrono i sessant'anni di quell'ecatombe e il caso ha voluto che ci andassi a mettere un pò il naso dentro con colposa tardività ad essere sincero.
Non sto qui a riassumere o a raccontare i fatti: ognuno di noi può scegliere se appassionarsi all' argomento o meno cominciando semplicemente a guardare l'infinità di video presenti su you tube per poi (consiglio mio cominciare con il monologo di Paolini) approfondire leggendo qualche libro fino a farsi un'idea su quello che è realmente accaduto che è una cosa che non può essere relegata alla semplice memoria che sta sbiadendo con l'inevitabile avanzare dell'età di sopravvissuti e superstiti.
Il Vajont è un fatto accaduto in Italia che riguarda inevitabilmente tutti. E' stata una catastrofe biblica. Lo Stato Italiano, giudicato colpevole (assieme all' Enel), siamo anche tutti noi che ne facciamo parte.
Quasi duemila sono state le vittime lassù e noi genovesi li conosciamo bene i sentimenti che si provano dopo un disastro costato la vita a quarantatre persone sulle nostre teste con il crollo del ponte Morandi.
In un caso e nell'altro c'era chi sapeva prima (di sicuro nel Vajont, qui col ponte lo stabiliranno i giudici), chi non doveva costruire in quel luogo una diga, chi poteva avvisare in tempo e non l'ha fatto.
La diga del Vajont non crollò assolutamente, è li ancora intatta e incombente meta di turisti. La realtà è che si staccò metà del monte Toc cadendo intero e veloce nel lago artificiale dell'invaso provocando un'ondata alta duecentocinquanta metri tra acqua e massi che fecero tabula rasa nei fianchi e a valle.
A me piacerebbe andare là a vedere, piangere e poi e a restare in silenzio. Mi piacerebbe anzi andare là e dire una sola parola a quella gente e a quella terra visto che sono un cittadino italiano e quindi faccio parte dello Stato.
Direi: "Scusate".
E li qualcuno sono sicuro che mi sorriderebbe.
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