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Nel ruolo del padre, del figlio e dello spirito. (2a parte)

Le vicissitudini dei genitori sono punte di diamante sulla pelle dei figli. Inevitabilmente sui più piccoli scatterà un atavico senso di colpa che magari non espliciteranno platealmente ma sarà importante rassicurarli di volta in volta che non hanno colpe, che se mamma e papà non stanno più insieme non è per causa loro e che papà vivrà da un’altra parte ma che da loro non si separerà mai. Più complesso il discorso se da una parte o dall’altra subentra una nuova persona.

Un figlio sta li, ago di una scomodissima bilancia: lo vedo seduto in mezzo al bilico come quelli dei parchi gioco: da una parte la madre, dall’altra il padre e lui, a seconda di chi mette più slancio nel peso scivola verso uno o l’altro in un andirivieni tumultuoso e continuo. I figli chiedono solo una cosa nascosta tra le mille richieste: di non soffrire, invocando inconsapevolmente e paradossalmente l’utilizzo di quel buon senso la cui carenza ha generato proprio quella scellerata situazione. Poche sono le ex coppie che facendo appello alle rare e dimenticate risorse riescono a grattare sul fondo del loro barile poche briciole di preziosa lucidità e le mettono a disposizione dei loro piccoli non facendosi “la guerra” almeno davanti ai loro già provati occhi. No al figlio “pallina da flipper”, strumento di ricatto, manico di coltello. Si al bambino che cresca con la consapevolezza costruita a passi lenti e faticosi che si può esistere ed essere comunque e ancora felici nonostante tutto sempre grazie all’amore e alla vicinanza di mamma e papà.

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